I testi del CDRC

Piero Gobetti,  "LA NOSTRA FEDE",
maggio 1919, Scritti Politici pag.75 sgg.

 E qui c'è posto e giustificazione per un'altra realtà politica: la democrazia, punto di partenza della quale è proprio l'affermazione della legittimità di ogni forma di pensiero, e la negazione di tutte le rivelazioni di verità, perché la verità è concretazione e creazione di ogni
individuo, ed è insieme progresso e universalità che trascende la possibilità dei singoli. In questa fede che è semplicemente una forma di enunciazione della parità di diritti e di doveri, dell'eguaglianza di possibilità, c'è la parte sana della democrazia che si identifica con
l'idealismo. Ma nella parte sana della democrazia c'è stata una profonda iniezione corruttrice di settarismo settecentesco. La democrazia che nega tutte le fedi, tutte le rivelazioni, perché tutte le supera e comprende è diventata anticlericalismo, s'è limitata ad essere lotta contro una setta e s'è quindi abbassata sino ad acquistare i caratteri di setta. E nell'umanitarismo alla Rosseau ha confuso uguaglianza di possibilità con uguaglianza di attualità, alla libera differenzazione ha opposto un amore universale sterile e pacifico, ha fatto degenerare la sana tolleranza, che era la sua fede concreta, in indifferenza ideale che consente poi in pratica la più biliosa intransigenza e i più vili  accomodamenti. Della sua affermazione ha fatto una dottrina, mentre non era che un punto di partenza su cui esplicare la propria attività. Il frasaiolismo radicale e massonico ha pervaso ed occupato ogni ideale democratico. Ed anche la parola ne è stata screditata. Democrazia è diventata sinonimo di demagogia. Si è confusa anche per molti col socialismo, una specie di socialismo non rivoluzionario pieno di giustizia e di buona volontà. Una nuova rivelazione di verità, o pressappoco. Noi tuttavia non ci distogliamo da questa base che sola abbiamo riconosciuta sana e feconda. Ne facciamo punto di partenza anche per l'attività nostra, la forma in cui esplicare la passione nuova; solo un'affermazione di spiritualità intensa, di idealismo che non sa ostacoli può essere compatibile con la nostra premessa di fede democratica. Ma il nostro idealismo non può limitarsi a uno sforzo teorico, deve pervadere noi e il tutto di un soffio solo, di vita intima,
intensa.  Essere ad ogni momento noi, realizzare tutta la nostra possibilità di azione per noi e per gli altri in ogni istante, sentire il palpito esultante ed inebriante della vita, sempre, e non come mezzo a questa o quella pallida idealità evanescente, ma in sé e per sé come mezzo e fine della idealità che si sprigiona dal suo intimo. Attingere in tale fede la capacità e la forza di rinnovarsi ad ogni istante, render la vita come umanità che si svolge e si supera, debolezza che si vince senza arrestarsi mai, concretezza in cui ogni umile atto acquista la sua santità, la sua cosacrazione, perché è atto nostro: ecco la gioia e il significato dell'essere, la divinità del tempo, che è progresso in cui muore l'ostacolo! Questa potenza vivificatrice dello spirito è soffocata negli uomini dalle degeneri abitudini, cristallizzazioni in cui tutto l'ardore si perde, pigrizia bestiale per cui si potrà  fuggire la fatica, la lotta, ma ottenendo una pace, una quiete estenuante, in cui echeggia solo più il ritmo snervante e monotono delle occupazioni di tutti i giorni.
 Bisogna che noi creiamo una conquista nuova, e poiché conquistare non è che allargare i propri limiti, bisogna che noi [...] arriviamo a vedere in ogni fatto, in ogni conseguenza, una parte della nostra anima stessa. Con questa passione profonda - che non diventa abitudine, e neppure azione inconsulta, ma resta normalità intensa, conquista progressiva e non intermittente e frammentaria - non si concilia la freddezza e l'indifferenza che pervade e irrigidisce la vita d'oggi. Malattia che consuma ed uccide, bassezza per cui i nervi si rompono all'atto stesso della loro funzione. Tutta la vita moderna è estenuata da questa spaventosa anemia. Ma noi ci ribelliamo. Riportiamo a
questo punto la distinzione tra moralità e immoralità. Non può essere morale chi è indifferente. L'onestà consiste nell'avere idee, e credervi e farne centro e scopo di se stesso. L'apatia è negazione di umanità, abbassamento di se stessi, assenza di idealità. Può essere in molti affettazione di superiorità e pretesa di originalità, ma a tutta la massa di assenti c'è da preferire gli intolleranti, gli uomini feroci di parte pervasi da odio che non cessa. Questi prendono posizione, non fuggono la lotta. Ed è più umana la malvagità che la vigliaccheria [...]

 

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